sabato 19 novembre 2011

Mibac, inizia l’era Ornaghi


I recenti crolli avvenuti presso il sito di Pompei hanno riportato alla ribalta nazionale l’annoso problema delle difficili condizioni in cui versa il patrimonio archeologico italiano.
Alcuni politici e giornalisti poco informati citano spesso cifre esorbitanti sui nostri beni culturali e c’è addirittura chi arriva a dire che costituiscano da soli l’80% del patrimonio mondiale!
Nonostante l’inesattezza di questi dati è sicuramente vero che ogni regione italiana è arricchita da una serie di siti e beni da tutelare e valorizzare; ed è tristemente vera anche la cronica assenza di queste attività. Percorrendo le strade italiane s’incontrano “ruderi” di aree che hanno vissuto un glorioso passato, importanti non solo per l’eccellenza archeologica, ma anche per la valenza storica e sociale ad esse legata.
Ogni giorno si sentono lamentele da parte di comuni cittadini privati di un patrimonio che è proprietà dello stato e quindi di tutti noi.
Le Soprintendenze, organi territoriali del Ministero dei Beni Culturali, svolgono la loro attività nonostante siano costrette ad operare in difficili condizioni a seguito dei tagli che progressivamente si sono abbattuti sul fondo a disposizione del Mibac.
Giova ricordare che il compito principale di queste strutture è la tutela del bene, la sua conservazione nel tempo; ma se la tutela è un obbligo, la valorizzazione è invece una scelta.
Non si può pensare di promuovere l’accesso al pubblico per ogni area archeologica rinvenuta; non tutte sono dotate di un’attrattiva così forte che giustifichi un investimento economico elevato.
Per rendere visitabile un sito archeologico infatti sono necessari interventi, anche invasivi, molto rilevanti; si devono applicare parapetti, sostegni fissi o mobili, strutture di rinforzo, camminamenti e scale in ferro (o scale in acciaio a seconda del contesto). Si deve poi pensare ad un servizio di guardiania e di accoglienza, di prenotazione visite e di servizi al visitatore.
Tutti investimenti che non possono certo essere recuperati grazie alle entrate autoprodotte dal sito, ma che necessitano di un contributo economico importante da parte degli enti pubblici.
Quale sarà il futuro del nostro patrimonio? Finita la breve parentesi Galan, succeduto a Bondi, è adesso l’ora di Ornaghi; il mondo della cultura aspetta risposte.

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