domenica 31 luglio 2011

Questione di restyling

Ripensare al logo di un’azienda può risultare molto più impegnativo e rischioso che crearne uno nuovo. Non si tratta solamente di rinfrescare un marchio con nuovi colori o caratteri grafici. Si tratta, piuttosto, di ripensare l’immagine stessa dell’azienda, chi è stata e che cosa intende essere e fare ora, con un nuovo biglietto da visita, con il suo nuovo logo da esibire e rafforzare.

Se i clienti sono abituati a un certo stile, a una certa immagine coordinata dei prodotti fortemente riconoscibile e rassicurante, il problema sarà quello di mantenere intatti quegli stessi sentimenti affettivi, magari lavorando sulle tonalità delle emozioni, senza traumatizzare il rapporto e la storia tra azienda e consumatori. L’identità di fondo dell’azienda deve restare comunque inconfondibile e affidabile agli occhi del target.


Un distacco profondo dettato da un logo innovativo ma improbabile rispetto al precedente rischierebbe di incrinare pericolosamente il legame con la clientela. Cliccando “restyling logo” in rete si trovano numerosi esempi di aziende bocciate dal pubblico nelle scelte di rinnovamento della loro immagine.


È il caso, per esempio, di un noto marchio di abbigliamento californiano: proposto il nuovo logo, gli internauti si sono scatenati sul sito aziendale inondandolo di email di disapprovazione, rimprovero, scherno, incredulità per quel marchio, a loro giudizio, inaccettabile. All’azienda non restò altro da fare che ritirare rapidamente “la novità”e riproporre il vecchio, ma tanto amato, logo.

Ciò dimostra che certe scelte di immagine sono, di fatto, molto di più: in gioco non c’è soltanto l’identità di un’impresa ma anche quella di tutti coloro che in quell’immagine, a colori o in bianco e nero, in 2 o 3D, rispecchiano la propria.

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